marco pellizzola
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Al centro dell’interesse di questa mostra, progettata ed elaborata dagli studenti nell’ambito delle attività didattiche della Cattedra di Arte Ambientale e Architettura del Paesaggio, istituita lo scorso anno presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo senese, v’è l’ idea nuova di guardare la città e il rapporto che essa misura con il territorio e con la sua storia.

È una proposta progettuale che interviene sulla realtà urbana di Siena; non su quella del suo centro storico, così fortemente caratterizzata da segni e manufatti stratificatisi nei secoli e che, a ragione,  fanno della città del Palio patrimonio dell’umanità, bensì sulle realtà che profilano l’anello esterno, cioè i quartieri  sorti nella seconda metà del secolo scorso,  in quel territorio di ‘verde’ che si spande al di là delle vecchie mura. 

La scelta di  ‘luoghi’ esterni individuati nei nuovi quartieri e nelle nuove aree che si aprono nel continuo processo di espansione della Siena dei nostri giorni, da affidare all’intervento di dieci noti scultori italiani, evidenzia la prioritaria necessità di recuperare la vitalità di tracce che tessono, tra loro, una narrazione sollecitata al nostro immaginario ogni qualvolta l’ambiente è investito dallo sguardo dell’Arte del proprio presente. Gli artisti chiamati ad elaborare le proposte sono Mauro Berrettini, Angelo Casciello, Igino Legnaghi, Matteo Maggio, Luigi Mainolfi, Fabio Mazzieri, Marco Pellizzola, Nicola Salvatore, Mauro Staccioli, Luigi Vollaro, espressioni di generazioni diverse e di una molteplicità di linguaggi e di materiali: scultori che, fatta qualche eccezione, posseggono una consolidata pratica d’intervento nell’urbano, una capacità cioè di relazionarsi con contesti ambientali nei quali la scultura perde ogni cifra autoreferenziale per farsi soggetto compartecipe al ridisegno di un nuovo spazio, di una nuova narrazione. 

Gli interventi d’arte ambientale proposti per le periferie di Siena, mirano a restituire ai ‘luoghi’ fili di ‘memorie’ e a connetterli tra loro in quanto spazi sociali: proposte che, nello sguardo lungo, mirano al tentativo - avrebbe detto Pasqual Maragall amato sindaco della Barcellona degli anni Ottanta e Novanta quella che, nel 1992, ospitò i XXV Giochi Olimpici dell’era moderna - di “monumentalizzare la periferia”, cioè rendere evidenti le tracce che la collegano al centro, al cuore antico della città.  È un’azione che chiama in causa l’idea di identità che, attraverso i segni e i corpi dell’arte contemporanea, si fa sentimento ed espressione della comunità.

È stato un lavoro che si è mosso su un doppio binario operativo, come appare evidente dalle analisi critiche e dalle tavole proposte a corredo di ciascun progetto: da un lato le indagini sulle preesistenze, dalle architetture ai materiali, alle manualità artigiane ma anche all’aneddotica, in pratica alle piccole o grandi ‘memorie’ che animano la storia orale dei quartieri. Dall’altro il lavoro degli artisti che hanno interpretato i singoli spazi d’intervento come un corpo plastico carico di un sentimento morale ed estetico. 

Un doppio binario che è chiara espressione di una metodologia d’insegnamento, della quale mi sento responsabile, orientata a intercettare con sempre maggiore frequenza, i segnali che provengono dalla realtà sociale, dalle sue trasformazioni ma, soprattutto, dalla richiesta, sollecitata dagli studenti, di guardare verso nuovi orizzonti. 

Massimo Bignardi 
Docente di Arte Ambientale 
e Architettura del Paesaggio



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